E anche la seconda stagione di Better Call Saul è finita, nonostante il nome Saul Goodman ancora non venga fuori. Inutile dire che questo spin-off dedicato al caro Slippin Jimmy si sta rivelando una delle serie tv più belle e interessanti di questo periodo, sicuramente ai livelli di Breaking Bad. Giù quindi altre dieci puntate per immergerci nuovamente nel mondo narrato da Vince Gilligan.
Riprendiamo la nuova stagione dedicata a Saul con il flash forward che aveva aperto anche la corsa stagione: vediamo Jimmy avvilito e sconsolato nei panni della sua nuova identità, pronto a tutto pur di mantenere un profilo basso e non rischiare di essere riconosciuto nel tanto eccentrico e scoppiettante Soul Goodman. Rimpiangendo i vecchi tempi andati, ci riporta in quello che, ai fini della serie, è il presente (circa anni 2000) in compagnia di Jimmy McGill avvocato nel suo tentativo di fare la cosa giusta. Ecco, ripartendo dalla chiusura della scorsa stagione (perfettamente autoconclusiva) ci ritroviamo un personaggio che è avvezzo a giocare sporco per raggiungere un obbiettivo, dal suo punto di vista, nobile ma che non supera mai dei limiti autoimposti che lo trasformerebbero, sempre dal suo punto di vista, in uno dei "cattivi". I vantaggi di superare questi limiti, però, li ha assaporati e cercare di mantenere un comportamento ancor più normale e regolato di quello a cui è abituato per la gioia di chi gli sta vicino sta diventando difficile. Partendo da questa lotta interiore, la serie si sviluppa abbracciando anche i personaggi di Mike, Kim e Chuck, tutti avviluppati in un dilemma simile.
È chiaro, la seconda stagione di Better Call Saul sviluppa la storia e i personaggi visti nella prima ed è assolutamente dipendente da questa, ma non è affatto dipendente da Breaking Bad: per quanto gli episodi giochino molto con gli spettatori della prima stagione di Vince Gilligan e cerchino di ammaliarli con rimandi e personaggi e stordirli con situazioni, la serie può essere vista e apprezzata pienamente anche da chi non ha alcuna idea di chi sia Walter White. Come per la prima stagione, la serie si porta avanti tramite episodi legati tra loro da una trama mossa sull'evoluzione dei personaggi, tra i meglio caratterizzati che io abbia mai visto, e sulle loro scelte. Arrivati alla puntata conclusiva ci si ritrova nuovamente ad un punto di svolta che potrebbe essere la causa scatenante che trasformerà (o ha trasformato) Jimmy in Saul ma, questa volta, c'è la storia che ha vissuto Mike ad aprire ad una nuova stagione, portando interrogativi e incuriosendo lo spettatore. Nulla a che vedere con le solite Season Finale che creano solo aperture per stagioni completamente piatte nel complesso, ma comunque un finale con colpo di scena e con questioni irrisolte.
Ancora una volta, le puntate sono tutte davvero ben fatte, scorrevoli, interessanti e capaci di catturare lo spettatore in quella che non è più solo l'avventura del piccolo McGill, ma che è diventata anche la storia di Kim, con cui divide gioie e dispiaceri, di Mike, che si trova sempre più spesso a dover scegliere tra se stesso e la sua famiglia, di Chuck, che ha intrapreso il cammino che lo porterà ad essere da uomo maturo e saggio a sciocco e rancoroso, e Nacho, figura ormai ricorrente e importante in quella che è la storia di Mike. Perché anche Nacho? Perché il suo personaggio mi piace al pari di Kim e Chuck e credo valga la pena almeno citarlo. Inutile dire che non c'è un attore che possa sembrare fuori posto e che ogni singolo personaggio è interpretato in maniera semplicemente perfetta.
Con personaggi riusciti e pieni di sfaccettature, una storia intrigante e una regia come poche, Better Call Saul è davvero una serie che vale la pena seguire, eccelsa sotto tutti i punti di vista e con la capacità di intrattenere senza far pesare i temi trattati, seri e difficili da rendere nella loro interpretazione soggettiva. Da vedere assolutamente.
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