Tornato in città per le elezioni, mi sono concesso una serata al cinema con mia madre e mia sorella, attività ormai più unica che rara. La scelta del film è toccata alla capofamiglia ed è così che ci siamo trovati a vedere Il Filo Nascosto, ultimo film di Paul Thomas Anderson. Dire che abbiamo lasciato il cinema confusi è dire poco.
Ho voluto aspettare un po' per parlarne perché c'era qualcosa che non mi convinceva nell'impressione che il film mi aveva fatto ma, per quanto si sia mitigata pensandoci su, non c'è stato modo di cambiarla.
Raynolds Woodcock gestisce, assieme alla sorella Cyril, un atelier apprezzatissimo e di successo, figlio degli anni e portavoce della moda del momento. Competente e maniaco del controllo, ogni aspetto del lavoro deve passare sotto il suo occhio vigile per essere coordinato e approvato.
Il signor Woodcock è perdutamente innamorato del suo lavoro e lo rispetta oltre ogni altra cosa. Per questo motivo, tende a sedurre ed affiancarsi ciclicamente a ragazze dal corpo ideale per indossare i suoi abiti, ma la loro presenza è destinata a durare fintanto che dura il suo interesse per la loro fisionomia.
Questo ciclo di rapporti si protrae fino all'incontro con Alma, giovane cameriera che, per qualche ragione, ha destato l'interesse di Raynolds. Sarà lei a comprendere e accettare l'ormai anziano sarto e riuscirà, infine, a dominarlo e ad attirare costantemente la sua attenzione, seppur ad intervalli regolari.
Anderson porta sullo schermo una rappresentazione distorta e malata di amore, rispetto almeno a quello idilliaco, dove necessità e orgoglio svettano prepotentemente sulla cura e sull'interesse per l'altro. Quello che viene proposto è un amore possessivo, che sia per il lavoro o per il proprio accompagnatore che, teoricamente, non sarebbe destinato a durare.
Raynolds, che non riesce a capacitarsi della morte della madre e che cerca di potrarla sempre con se, verrà lentamente consumato dalle (giuste) pretese di Alma mentre proietta sulla donna e sulla sorella parti delle aspettative e delle abitudini, oltre che dei conflitti, che aveva con la madre.
Qui c'è da aggiungere che l'interpretazione meravigliosa di Daniel Day-Lewis del suo forte e autoritario personaggio è forse uno degli elementi più validi del film, in grado di regalare un'esperienza vera e tangibile.
Quello che mi ha lasciato estremamente perplesso non è di certo la rappresentazione del rapporto tra Alma e Raynolds, particolare e morboso, o la regia di Anderson, esemplare e curata eppur aperta a sperimentazioni, ma è la mutazione dei personaggi principali secondo le loro esperienze e dei rapporti di questi con l'unico secondario di spicco.
Senza rovinare il finale, Alma e Raynolds finiscono con l'influenzarsi a vicenda, cosa che diventa problematica nel momento in cui nessuno dei due è disposto a cedere di un passo rispetto alle proprie necessità e convinzioni. Da qui, però, si passa ad una mutua accettazione e all'arrivo a forti e pericolosi compromessi pur di continuare la convivenza ma, sinceramente, non mi è parso ci sia stato un giusto passaggio intermedio.
A portare la storia d'amore e di possesso tra i due verso quello che sarebbe stato una naturale risoluzione ci stava pensando anche l'introduzione di un ulteriore personaggio secondario che, però, da visto la sua presenza presto rimossa mentre il film quasi cancellava i segni del suo passaggio.
Per questi motivi Il Filo Nascosto mi ha lasciato un senso di incompletezza e di confusione una volta uscito dalla sala: oltre un confezionamento perfetto, dato dalla fantastica estetica e dalla magistrale regia, non mi è parso ci fosse la giusta cura per lo sviluppo dei personaggi e dei loro rapporti. Questa almeno è stata la mia impressione.
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