Cogliendo al volo l'occasione della settimana del cinema, ieri pomeriggio ho rimediato ad una mia grave mancanza: non aver ancora visto la Principessa Mononoke, film scritto e diretto da Hayao Miyazaki del 1997. Preso posto in sala, mi ritrovo presto circondato da madri esemplari che crescono i propri figli a pane e Studio Ghibli e da otaku di tutti i tipi. Pubblicità progresso: lavatevi! Il fatto che vi sentiate diversi da tutti gli altri non significa che dobbiate puzzare per potervi riconoscere tramite l'olfatto. Chiarito questo, chi è Mononoke?
Il film inizia mostrandoci Ashitaka, un giovane ragazzo di un villaggio nascosto che, per salvarlo dalla carica di un dio maligno, lo abbatte e viene maledetto dal suo risentimento. Nella speranza di trovare una cura alla maledizione, Ashitaka intraprende un viaggio sulle tracce del dio maligno durante il quale si imbatte in una guerra su più fronti: uomini contro uomini, uomini contro natura, spiriti contro uomini, spiriti contro spiriti, gli uni spinti da cupidigia e gli altri da istinto di sopravvivenza. Ashitaka conosce, quindi, la principessa spettro San, una ragazza cresciuta dagli spiriti della foresta come loro figlia, pronta a battersi per il bene della foresta (Mononoke dovrebbe significare
spirito vendicativo o qualcosa del genere, non è un nome proprio) e la signora Eboshi, schierata a difesa dell'insediamento umano dove le donne forgiano il ferro della montagna e assoldata dalle corporazioni dei monaci per uccidere il dio della foresta. Gli eventi si evolveranno, incastrandosi tra battaglie e strategia, portando ad un finale molto lontano dal "vissero tutti felici e contenti".
Delineata al trama a grosse linee, il film si propone come uno dei più atipici dello studio Ghibli, rendendolo probabilmente unico: molto più violento di ogni altro lavoro di Miyazaki e sicuramente più intenso e profondo in quanto a tematiche. Ashitaka funge da esterno nelle vicende che riguardano il rapporto degli uomini con loro stessi e con l'ambiente circostante e il suo operato è tale da non portarlo a schierarsi con nessuna fazione, ma a cercare di compiere la scelta giusta in ogni caso. Allo stesso modo, lo spettatore non è in grado di individuare i "cattivi" e i "buoni", in quanto quasi tutti i partecipanti a questa guerra hanno i loro buoni motivi per portare avanti la loro causa, ma è in grado di capire quando le scelte siano estreme e controverse. Per esempio, i samurai che cercano di impossessarsi della forgia con la forza per poterci guadagnare sono sicuramente da biasimare, ma ciò non significa che sia giusto ucciderli, motivo per cui Ashitaka cerca di evitare sempre scontri inutili.
I personaggi che si avvicendano sono ben delineati e concorrono alla narrazione in parti più o meno importanti. Gli spiriti animali che si incontrano sono tutti in grado di parlare, ma non per questo assumono forme antropomorfe o muovono le labbra, anzi mantengono una forma splendidamente naturale e a tratti inquietante (come le scimmie seminatrici). Strano solo il dio della foresta che, nella sua forma diurna, sembra uno strano incrocio tra un cervo e un babbuino e ha suscitato risate incontrollabili in tutta la sala (era molto più maestoso quando era in controluce). Estremamente fluide le animazioni, in grado di trasmettere tutta la forza e la sofferenza dei personaggi, la meraviglia e lo sconcerto della natura, la rabbia e la violenza del fuoco, contraddistinte da quel tocco particolare che fa pensare subito allo Studi Ghibli. Stesso discorso per la colonna sonora, realizzata da Joe Hisaishi, ormai collaboratore storico di Miyazaki.
Purtroppo, il doppiaggio è stato insopportabile: alcuni personaggi parlano come se avessero avuto in bocca biglie o oggetti affini, i dialoghi sono tradotti orribilmente, frasi senza senso si susseguono senza sosta e l'italiano parlato è arcaico eppure gergale, con l'uso di titoli o frasi comunque fuori luogo per il tempo e le terre in cui la storia si svolge... la cosa peggiore è che il film proiettato dovrebbe essere stato ridoppiato, in quanto il primo doppiaggio manipolava la storia per cambiarne il senso e adattarla ad un pubblico di bambini. Non si può fare un lavoro del genere ai giorni nostri, davvero.
Concludendo, il film è crudo e violento, lontano dai soliti canoni dei film d'animazione, e tende a mettere in luce diversi temi importanti con il solo scopo di esporre fatti, normalmente poco affrontati se non con la presunzione di offrire verità assolute. Per via della sua cruenza, della sua lunghezza e della sua trama, non è di certo un film adatto ai più piccoli, che rischiano di annoiarsi o spaventarsi, ma è consigliatissimo per un pubblico più o meno adulto. Una perla dello Studio Ghibli assolutamente da vedere e da ricordare.
PS: Ovviamente, nel trailer ufficiale, non si sente nemmeno una frase del doppiaggio.
Nessun commento:
Posta un commento